Jenne 28 Feb 2019 – Sta suscitando molti apprezzamenti in tutta Italia ed anche all’estero l’ultimo libro di Don Gaetano Maria Saccà sul processo matrimoniale alla luce del Motu Proprio di Papa Francesco. Sull’opera medesima di cui è autore il Parroco di Jenne interviene il Sindaco Giorgio Pacchiarotti: “Si tratta di un profilo storico giuridico destinato ad entrare negli annali della storia di Santa Romana Chiesa ma anche dell’attualità generale contemporanea. Per la nostra comunità è un lustro ed un onore che perle di cultura siano associate alla nostra realtà locale. Durante il periodo estivo organizzeremo un approfondimento proprio a Jenne su questa vera e propria opera letteraria nel contesto di un progetto che vede protagonista Jenne proprio in un percorso di approfondimenti tematici di natura culturale. Nei tre amplissimi capitoli del suo libro, il nostro parroco riesce a trasmettere la sua conoscenza, il frutto della sua ricerca su tematiche così importanti che costiuiscono il caposaldo dei valori della famiglia e delle varie e conseguenti interpretazioni dottrinali che ne conseguono. Con la lettura si ha l’opportunità dunque di conoscere uno spaccato di natura giuridico-ecclesiale, spesso poco valutato nella cultura generale e lasciato sopire nei meandri dei tribunali ecclesiastici. Il libro dunque amplifica, analizza e documenta il contest del Mitis Iudex Dominus Iesus, e fornisce al lettore un quadro esaustivo ed interpretativo, di aspetti morali che devono fare i conti con gli aspetti procedurali e giuridici”.
Jenne 28 Feb 2019 – Interessanti novità si profilano per il progetto “ Cammini Italiani – Via della Transumanza Anzio-Jenne”, che vede il Comune di Jenne protagonista e capofila unitamente al Comune di Anzio per la sottoscrizione di un protocollo di intesa intercomunale. Lunedì 4 marzo 2019 si svolgerà presso la prestigiosa sede dell’Istituto Svedese di Studi Classici in Roma un incontro di coordinamento finalizzato a riassumere lo stato dell’arte e nel contempo intraprendere tutte quelle azioni propedeutiche ad ottenere i giusti riconoscimenti del cammino quale bene immateriale dell’Unesco. “Ma già da lunedì – spiega il sindaco di Jenne Giorgio Pacchiarotti – verrà presentata la proposta di candidatura presso il Consiglio d’Europa del progetto di una Rete Europea di Itinerari della Transumanza (“Transhumance Trails & Rural Roads. A European Network of Traditional Itineraries – Rete Europea di Itinerari della Transumanza” ) . L’iniziativa, organizzata per tramite dell’Istituto Svedese, è promossa dall’Associazione Transhumance Trails & Rural Roads, finalizzata alla presentazione della candidatura presso il Consiglio d’Europa, i cui paesi partner sono Italia, Svezia e Spagna. Obiettivo di tale presentazione è raccogliere un ampio partenariato di enti, associazioni culturali e accademiche, associazioni di promozione turistica, istituzioni pubbliche, enti locali intorno al tema comune dell’eredità culturale e del patrimonio di itinerari legati alla pratica della Transumanza, al fine di consolidare l’identità comune e fornire una leva per la promozione e la valorizzazione del territorio”.Infatti, l’ottenimento della Certificazione del Consiglio d’Europea rappresenterebbe un significativo valore aggiunto rispetto alla qualità dell’offerta turistica e delle opportunità economiche.
Jenne 26 Feb 2019 – Forti apprezzamenti sta facendo riscontrare nel panorama culturale e nel mondo ecumenico, l’opera letteraria di cui è autore Don Gaetano Maria Saccà, parroco di Jenne. Il titolo è: “Il Vescovo e il processo matrimoniale alla luce dl Motu Proprio – Mitis Iudex Dominus Jesus” e si tratta di un profilo storico-giuridico che analizza in profondità il motu proprio di Papa Francesco. Scottante attualità sulla quale don Saccà ha voluto porre la lente di ingrandimento mettendo in correlazione quanto raccolto a livello di ricerca storica con le nuove normative su un argomento che è il pilastro fondante della famiglia cristiana: il matrimonio. Don Saccà ha iniziato sin dalla promulgazione del Motu Proprio firmato nel settembre 2015 ad avvertire la necessità di un approfondimento che vuole essere un servizio alla dottrina cristiano-cattolica, per fornire spunti di ulteriore analisi ed approfondimenti.
Se ne è parlato anche sulla stampa cattolica nazionale. Sulle colonne di Avvenire, è intervenuto il prelato uditore del Tribunale della Sacra Rota Romana Adam Konštanc Miroslav già rettore della Pontificia università “San Tommaso d’Aquino” (Angelicum) dal 2012 al 2016 che lo ha definito uno studio “serio, profondo e con valenza scientifica”.
“Nel mio ruolo di dottorando – spiega don Gaetano Maria Saccà nella tesi di presentazione dell’opera – non ho certo la pretesa che il presente lavoro sia esauriente, ma mi auguro, almeno, che possa offrire un contributo alla dottrina. Ricordiamo che tutti gli autori citati hanno mantenuto un atteggiamento di rispetto e prudenza verso la nuova normativa. Atteggiamento al quale mi sono conformato.
La difficoltà maggiore che ho dovuto affrontare è stata dovuta al fatto che gli scritti dottrinali sono ancora esigui e spesso gli autori utilizzano la forma verbale al condizionale, in attesa che il tempo e lo svolgimento di un crescente numero di processi brevi possa rendere più sicure determinate affermazioni. Al presente già diversi sono stati i processi brevi celebratisi, di cui alcuni sono stati inviati al processo ordinario. Non abbiamo notizie di processi brevi conclusisi e impugnati. Nei lavori dottrinali continuano a destare non poche perplessità alcuni aspetti procedurali. Riteniamo che ciò sia nell’ordine delle cose e la Chiesa abbia gli strumenti per dissiparle. A riguardo dobbiamo obbedire alla volontà del Pontefice che così si è espresso: “E’ importante che la nuova normativa sia recepita e approfondita, nel merito e nello spirito, specialmente dagli operatori dei Tribunali ecclesiastici, per rendere un servizio di giustizia e carità alle famiglie”.
Il 15 agosto del 2015 è stato firmato e l’8 settembre del 2015 è stato pubblicato il nuovo processo di nullità matrimoniale, promulgato dal Santo Padre Francesco per mezzo della lettera apostolica in forma di “Motu proprio”: il Mitis Iudex Dominus Iesus per la Chiesa latina (d’ora innanzi MIDI) e il Mitis Misericors Iesus per le Chiese orientali. Il giorno dell’Immacolata Concezione dello stesso anno, il Sommo Legislatore ha abrogato con l’entrata in vigore dei due motu propri, 21 canoni del vigente Codice di diritto canonico (1671-1691) e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.
Immediatamente il mio interesse, dovendo, io, svolgere un lavoro di ricerca dottorale, fu indirizzato al motu proprio riguardante la Chiesa Latina. Come parroco, – prosegue don Gaetano Maria Saccà – infatti, in 22 anni di ministero pastorale, sempre più spesso, stante il crescente numero di criticità coniugali, ho dovuto e debbo confrontarmi con fedeli, che, vivendo situazioni matrimoniali irregolari (i divorziati risposati) o di mera convivenza con un nuovo partner (quella dei separati o divorziati, ma non risposati), palesano il loro malessere poiché non possono vivere pienamente la comunità ecclesiale.
Tra le diverse limitazioni, – spiega don Saccà – la sofferenza più acuta (da me condivisa con questi fedeli) è quella che mi vede costretto (tranne alcune eccezioni, singolarmente valutate) a non poterli ammettere al sacramento dell’Eucarestia. Con la promulgazione del MIDI è nato in me il desiderio di approfondirne i canoni, poiché, almeno nelle intenzioni, parrebbero essere stati rimossi molti ostacoli all’accesso e allo svolgimento dei processi di nullità matrimoniale, anche e soprattutto grazie al coinvolgimento in prima persona dei Vescovi, indirizzando la mia attenzione sul ruolo che rivestirà il Vescovo diocesano. Il Papa ci ha fornito un “Nuovo Codice Matrimoniale” e i canoni in esso contenuti, dovranno essere studiati e valutati, obbedendo alla volontà del Pontefice che così si è espresso: “È importante che la nuova normativa sia recepita e approfondita, nel merito e nello spirito, specialmente dagli operatori dei Tribunali ecclesiastici, per rendere un servizio di giustizia e carità alle famiglie”.
LA STRUTTURA DEL LIBRO
Il nostro lavoro è strutturato in tre capitoli. Nel primo capitolo abbiamo compiuto una ricerca, attraverso una periodizzazione estremamente sintetica e non sistematica, sull’origine e sviluppo nella declinazione storica e non teologica del solo esercizio di giurisdizione dei Vescovi in ambito processuale. In questa breve cronologia si può affermare che la giurisdizione ecclesiale ha mantenuto un suo ruolo, anche dopo la caduta dell’impero romano e il Vescovo continuerà ad essere centrale nell’organizzazione della giustizia ecclesiastica, spesso supplente a quella secolare anche in epoca medioevale, favorita dal fatto che le materie ecclesiastiche, per una non netta distinguibilità tra ordine spirituale e secolare, non di rado si estendono in ambiti che oltrepassano propriamente le cause spirituali (si pensi alla connessione di queste ultime con le cause penali, materiali etc.).
Per tale ragione, abbiamo riferito circa le attività poste in essere dal Giudice-Vescovo, agli interventi legislativi (ecclesiali e civili) che lo hanno riguardato e a tutto quanto giuridicamente, abbiamo ritenuto utile menzionare nell’intento di evidenziare, attraverso la nostra ricerca, l’enorme rilevanza che nel corso dei secoli la figura dell’Episcopo (anche nella sua estrinsecazione di giudice-Vescovo) ha avuto in ed extra ecclesiam e come la sua autoritas sia stata “universalmente” riconosciuta. L’attività giurisdizionale dei Vescovi fino agli inizi del IV secolo trae principale fondamento nel precetto paolino e riguarda la sola comunità cristiana. La prima lettera ai Corinti è un documento di straordinaria importanza. L’apostolo Paolo sapendo di dover dare una risposta concreta, una soluzione accettabile giunse alla conclusione che i cristiani dovessero far giudicare le loro controversie da un sofos (saggio) appartenente alla loro comunità. Il precetto paolino è chiarissimo: i cristiani devono in primo luogo evitare di avere liti tra loro e qualora, malgrado tutto, ne sorgano devono astenersi dal portare le loro controversie davanti ai giudici di tribunali pagani, affidando la decisione ad un saggio, che sia membro della loro comunità e accettarne la sentenza anche quando essa comporti per loro qualche sacrificio. In esso si ha la manifestazione del potere legislativo che Cristo aveva conferito agli Apostoli insieme con il potere giudiziario e con quello esecutivo per l’adempimento della loro missione di rettori della Chiesa e di pastori dei fedeli. Entro la Chiesa, società perfetta, essi esercitavano una vera ed effettiva giurisdizione. La diffusione della fede cristiana e il trascorrere del tempo, che scandiva il passaggio da una generazione all’altra, resero necessaria la redazione scritta di quei principi e di quelle norme che in un primo tempo erano stati trasmessi oralmente.
La Didascalia apostolorum rappresenta senza ombra di dubbio la fonte canonica più importante circa l’attività giurisdizionale del Vescovo-Giudice dei primi tre secoli. Il Tribunale è presieduto dal Vescovo stesso al quale si affiancano i suoi presbiteri e diaconi (assistenti). Il Vescovo-Giudice rende giustizia a chi ha subito un torto e contestualmente sollecita il pentimento del reo. Benché non riconosciuto dalle autorità civili, per i cristiani rappresenta un foro (moralmente obbligante per controversie sorte tra essi) concorrente ai tribunali civili. Con l’imperatore romano, Costantino, l’attività giurisdizionale Vescovile diviene predominante. Nonostante la caduta dell’impero romano d’occidente, durante il quale si erano distinte le figure dei Vescovi-Giudici: Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, la Chiesa e le sue istituzioni sopravvissero e si rafforzarono grazie anche all’autorevolezza e grandiosità di uno dei suoi figli più influenti: San Gregorio. Nei quattordici anni di pontificato a cavallo dei secoli VI-VII, egli dà all’amministrazione ecclesiale della giustizia terrena un’organizzazione piramidale al cui vertice v’è il Tribunale del Papa e alla base, inframezzato dal Tribunale metropolitano e sinodale, v’è quello Vescovile.
Nei secoli successivi la potestas iudicialis episcopalis resta integra lungo tutto il Medioevo benché sia prevalentemente delegata dal Vescovo al decano, all’arcidiacono o ad altri chierici inferiori che costituivano il Tribunale Vescovile, quale uno dei momenti di una più articolata e stratificata giustizia ecclesiastica. La centralità della figura del Vescovo (iudex natus) si concreta in ambito giudiziale anche quando non esercita personalmente la funzione di giudice. La sottile linea rossa che dalle origini ha sempre visto il Vescovo figura cardine nei procedimenti giudiziali non si è mai interrotta: il Tribunale Vescovile rappresenta sin dalle origini della Chiesa la porta d’accesso alle istanze di giustizia. Pertanto, il MIDI, quantunque abbia suscitato molto clamore (in Ecclesia ed extra Ecclesiam), “ricolloca”, il Vescovo (iudex natus) nell’alveo naturale che ontologicamente gli appartiene e in piena armonia con la bimillenaria tradizione ecclesiale, riconoscendogli e confermandogli quelle funzioni e competenze anche in ambito processuale matrimoniale che gli sono proprie.
Il secondo capitolo lo abbiamo suddiviso in due parti con una connotazione maggiormente teologica e giuridica. Nella prima parte abbiamo incentrato la nostra attenzione al Concilio Vaticano II che tratta dell’origine divina della potestas iudicialis del Vescovo (iudex natus) e conformemente alla Sacra Scrittura e alla Tradizione della Chiesa, afferma che i Vescovi hanno il sacro diritto e davanti al Signore il dovere di dare le leggi ai loro sudditi, di giudicare e di regolare tutto quanto appartiene all’apostolato (cfr. LG 27). Il Vescovo diocesano ha quindi nella sua Chiesa particolare la piena potestà giudiziale. Questo potere gli deriva, come ricorda Papa Francesco nella lettera apostolica Mitis Iudex Dominus Iesus, dal potere delle chiavi che il Signore ha affidato a Pietro e ai suoi successori per svolgere l’opera di giustizia e di verità nella Chiesa.
È certo che il Vescovo diocesano ha il diritto-dovere, in forza delle leggi di Dio, di giudicare coram Domino i propri fedeli. Per tale ragione il Vescovo diocesano viene chiamato nella sua diocesi iudex natus. Accanto alla connotazione unitaria dell’autorità e della sacra potestà dei Vescovi, il decreto Christus Dominus, richiama la distinzione delle funzioni nella triplice articolazione del munus docendi, sanctificandi et regendi. Il Vescovo è rivestito del munus di Cristo sacerdote, maestro e pastore. A lui spetta nella sua Chiesa l’omnis potestas richiesta dall’ufficio pastorale: ordinaria, propria e immediata. La consacrazione episcopale e la missio canonica sono fonti di questa potestas che il Vescovo esercita nella sua Chiesa a nome di Cristo e non come vicario del Romano Pontefice (cfr. LG 27). Il Romano Pontefice con la sua suprema autorità, non sopprime né diminuisce, ma rafforza e garantisce la potestà episcopale. L’origine della potestà è infatti Cristo, non il Romano Pontefice. Il Concilio ha voluto sottolineare l’origine ontologico-sacramentale della potestas, rimarcandone l’unità. Il Vescovo è legislatore nella diocesi (in modo esclusivo senza possibilità di delega). La funzione esecutiva e giudiziale viene esercitata dal Vescovo sia personalmente sia mediante altre figure. Inoltre: in forza della potestà, coloro che sono stati costituiti in autorità ecclesiale: Romano Pontefice, Concilio Ecumenico a livello universale, il Vescovo diocesano nella diocesi affidatagli[4], godono personalmente della potestà di giudicare, hanno cioè giurisdizione riguardo i propri sudditi. La potestà giudiziaria spetta al Vescovo diocesano che, assieme al Romano Pontefice, è il giudice naturale, strictu sensu, della Chiesa. L’origine divina, la comunione e la missione ecclesiale caratterizzano la potestà episcopale rispetto a quella esercitata in ogni altra società umana. Nella Chiesa vi sono diversi tipi di tribunali: per diritto divino hanno potestà di giudicar il Romano Pontefice e i Vescovi diocesani (sono essi stessi Tribunale). Da essi dipendono i tribunali apostolici, i tribunali regionali, interdiocesani ed alcuni tribunali speciali.
Abbiamo spesso ribadito che il Vescovo è iudex natus perché tale questione è centrale nella nostra ricerca dottorale. Ricerca volta a dimostrare al lettore in maniera chiara ed esaustiva, se mai ve ne fosse bisogno, che l’esercizio della funzione giudicante del Vescovo è semplicemente stata riscoperta. Ricordiamo, infatti, che fino al 1938 il concetto di potestas iudicialis conferita dal Vescovo ad altro Tribunale rispetto al proprio era ignorato nella legislazione e nella dottrina canonistica, anche se durante l’iter di codificazione del CIC 1917 viene proposta l’introduzione dei tribunali regionali alfine di alleggerire il lavoro del Tribunale apostolico dell’allora Sacra Rota Romana. Fu Pio XI con il motu proprio Qua Cura a creare per il solo territorio italiano i tribunali regionali per la trattazione delle cause matrimoniali: le ragioni erano dettate dalla gravità della situazione. La potestà giudiziale del Vescovo, per le sole cause matrimoniali, viene così demandata ad un altro Tribunale.
Nella seconda parte del secondo capitolo abbiamo investigato gli iura et officia in ambito processuale matrimoniale del Vescovo: dal CIC 1917 fino al periodo immediatamente precedente la promulgazione del MIDI, seguendo un metodo storico-giuridico e analitico. Segnatamente va ricordato che le indicazioni riguardanti il Vescovo contenute nei canoni codiciali modificati dal MIDI si collocano non tanto sul piano procedurale quanto su quello organizzativo e delle determinazioni di fondo dell’attività giudiziaria dettate dall’Art. 1 – Il foro competente e i tribunali, can. 1673 MIDI. Il summenzionato canone rappresenta un’assoluta novità rispetto alla normativa contenuta nel CIC 1983. Il § 1 ripropone, con poche varianti legate alla materia specifica dei giudizi di nullità matrimoniale, la disposizione del can. 1419 § 1 circa il fatto che, in diocesi, il giudice nato è il Vescovo, potendo esercitare tale potestà personalmente anche nei processi matrimoniali ordinari. I paragrafi successivi del can. 1673 MIDI, afferiscono l’esistenza e le modalità operative del Tribunale diocesano per le cause di nullità di matrimonio. Il § 2 chiede di costituire in diocesi il Tribunale diocesano in perfetta sintonia con le statuizioni del MIDI. Il Vescovo ha il diritto di erigerlo. A tale riguardo, vi sono indicazioni precise per il territorio italiano, nel testo della C.E.I. del 20 luglio 2016:
“• Il Motu Proprio prevede che il “Vescovo costituisca per la sua diocesi il Tribunale diocesano per le cause di nullità del matrimonio, salva la facoltà per lo stesso Vescovo di accedere a un altro viciniore Tribunale regionale o interdiocesano” (can. 1673, § 2). Il Vescovo che intende recedere dal Tribunale regionale o interdiocesano di appartenenza lo comunica agli altri Vescovi interessati e al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. La Segnatura verifica e attesta la sussistenza delle condizioni per un adeguato funzionamento delle strutture giudiziarie. Anche nelle diocesi più piccole, il Tribunale diocesano deve avere almeno un giudice chierico, un difensore del vincolo e un notaio.
- La costituzione dei tribunali interdiocesani all’interno della stessa Metropolia è libera, con comunicazione alla Segnatura Apostolica. La costituzione dei tribunali interdiocesani costituiti da diocesi appartenenti a Metropolie o Province ecclesiastiche differenti richiede la licenza della Segnatura Apostolica.
- Nel caso di recesso dal Tribunale regionale di una o più diocesi, i Vescovi che intendano continuare ad avvalersi del medesimo Tribunale emettono un decreto di erezione della nuova istituzione, approvandone il regolamento e cambiandone la denominazione (da regionale a interdiocesano).
- Si intende abrogato il can. 1439, § 1 circa la competenza della Conferenza Episcopale in tema di tribunali di seconda istanza”.
Se già operante o in vista di una futura erezione del Tribunale diocesano, resta per il Vescovo il dovere di formarne l’organigramma. Il § 3 non riguarda direttamente il Vescovo. Esso prevede come possibilità che il collegio giudicante, fatto salvo che il preside deve sempre essere un chierico, possa essere composto da due laici, Il § 4 disciplina la possibilità di affidare le cause a un giudice unico chierico. Per quanto attiene il Vescovo e il Tribunale di seconda istanza, al presente, con la promulgazione del MIDI e conseguente adeguamento della C.E.I. con “Il testo, frutto del Tavolo di lavoro del 20 luglio 2016 della CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA” sono state apportate sostanziali modifiche ai canoni concernenti i tribunali di seconda istanza (can. 1673 MIDI).
Per il territorio italiano, la C.E.I., adeguandosi alla volontà del Pontefice, ha statuito che:
“• Si intende abrogato il can. 1439, § 1 circa la competenza della Conferenza Episcopale in tema di tribunali di seconda istanza.
Al terzo capitolo, infine, è stata lasciata la disamina dei nuovi e specifici iura et officia del Vescovo nel processus brevior, così fortissimamente voluti dal Legislatore Supremo con il MIDI. Le conclusioni alle quali siamo potuti pervenire sono dovute alle disposizioni contenute nel MIDI, ai Documenti e alle Dichiarazioni successive. In particolare l’ultima dichiarazione del Papa del 25 novembre 2017, atta a chiarire definitivamente alcuni aspetti de iure condendo.
Li ricordiamo in ordine cronologico:
- Dichiarazione del Decano della Rota Romana circa la mens del Supremo Legislatore, 4.XI.2015, pubblicata in L’Osservatore Romano.
2) PONTIFICIO CONSIGLIO PER I TESTI LEGISLATIVI, Risposte particolari.
- Papa Francesco, Rescritto, 7.XII.2015: “Le leggi di riforma del processo matrimoniale succitate abrogano o derogano ogni legge o norma contraria finora vigente, generale, particolare o speciale, eventualmente anche approvata in forma specifica (come ad es. il Motu Proprio, Qua Cura, dato dal mio Antecessore Pio XI in tempi ben diversi dai presenti)”.
- Il Sussidio applicativo del Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus del TRIBUNALE APOSTOLICO DELLA ROTA ROMANA, Sussidio applicativo del Motu Pr. Mitis Iudex Dominus Iesus, Città del Vaticano, 2016. Papa Francesco, affinché possa esservi una corretta applicazione del MIDI ha richiamato tale Sussidio applicativo nel Proemio del Suo Rescritto del 7.XII.2015, indicandolo quale contributo offerto: “…alla formazione permanente degli operatori pastorali nei Tribunali delle Chiese locali”…(FRANCISCUS, Rescritto, Proemio, 7.XII.2015, in vatican.va e in Ius Ecclesiae 28, 1 [2016] 233).
- Lettera di Papa Francesco al Segretario C.E.I. (CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA) del 1.06.2016.
- Comunicato C.E.I. del 19 luglio 2016
- Il testo, frutto del Tavolo di lavoro del 20 luglio 2016 della CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
- Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al corso promosso dal Tribunale della Rota Romana del 12 marzo 2016
- Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al corso di formazione per i Vescovi sul nuovo processo matrimoniale del 18 novembre 2016.
- Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al corso promosso dal Tribunale della Rota Romana del 25 novembre 2017
Il Vescovo diocesano, alla luce della nuova normativa matrimoniale nel processo ordinario, essendo iudex natus, potrà sempre esercitare personalmente la funzione giudiziale, nei modi previsti dalla legge. Ma è nel processus brevior che non solo egli potrà, ma in alcune fasi dello stesso, dovrà, ad validitatem, esercitare personalmente la funzione giudiziale. Possiamo rappresentare allegoricamente il processo matrimoniale brevior con la forma di una piramide, alla cui base e al cui vertice vi è sempre il Vescovo diocesano.
Compete infatti al Vescovo diocesano:
- nella fase pregiudiziale, provvedere a fornire strutture, possibilmente diocesane, curare la formazione di persone preposte a tale delicatissima funzione di accoglienza dei fedeli che hanno alle spalle un matrimonio fallito, affinché tale servizio pastorale sia efficace anche sotto un profilo giuridico (in verità tale fase di accoglienza e ascolto è propedeutica a tutti i potenziali processi matrimoniali);
- valutare personalmente o con l’ausilio del vicario giudiziale o di persona quantomeno vere peritus in diritto matrimoniale, il libello (o domanda) con il quale è stata richiesta la nullità matrimoniale. In caso di vedute difformi tra l’eventuale vicario giudiziale (del Tribunale diocesano, interdiocesano o regionale) ed il Vescovo diocesano, circa l’ammissione al processo ordinario o quello brevior, al Vescovo diocesano spetterà la decisione ultima.
- L’istruttoria del processo brevior potrà essere curata personalmente dal Vescovo diocesano, sempre, però, coadiuvato dal vicario giudiziale o da un istruttore e da un assessore (con funzione di consigliere), presenti il difensore del vincolo ed il notaio.
- Ladecisione da pronunciare coram Domino, è sempre e solo del Vescovo diocesano. Due, infatti, sono le condizioni sine qualibus non solo non potrà esservi un pronunciamento giudiziale valido, ma addirittura non potrà nemmeno avviarsi il processo brevior. Esse sono: l’episcopato e l’essere capo di una comunità diocesana.). Se manca una delle due condizioni il processo breviore non può aver luogo. L’istanza deve essere giudicata con il processo ordinario. “4. La competenza esclusiva e personale del Vescovo diocesano, posta nei criteri fondamentali del processo breviore, fa diretto riferimento alla ecclesiologia del VaticanoII, che ci ricorda che solo il Vescovo ha già, nella consacrazione, la pienezza di tutta la potestà che è ad actum expedita, attraverso la missio canonica”
La certezza morale. Per quanto attiene la certezza morale se ne occupa l’art. 12 del MIDI. Sia il processo ordinario che quello breviore sono processi di natura prettamente giudiziale, il che significa che la nullità del matrimonio potrà essere pronunciata solo qualora il giudice consegua la certezza morale sulla base degli atti e delle prove raccolte. Tenuto conto della specificità del processus brevior che prevede l’intervento personale del Vescovo diocesano, il quale, in assenza della certezza morale esigita, non può emanare una sentenza negative, rinviando, invece, al processo ordinario l’accertamento della validità del vincolo matrimoniale, riteniamo che vengano superati gli inviti formulati, in varie epoche, dal CIC 1917, dai consultori del CIC 1983, dalla Dignitas connubi e le perplessità della dottrina circa l’intervento personale del Vescovo in ambito processuale matrimoniale. Ricordiamo anche che sia si tratti di processo ordinario che breve, tranne che nel caso di appello, è stato abolito l’obbligo della doppia decisione conforme, il tutto in una prospettiva di economia processuale.
Al termine del presente lavoro, desidero innanzitutto ringraziare il Signore per avermi chiamato alla vita attraverso i miei genitori, e in essa per il dono del Sacerdozio: oggi essi, dalla “finestra del cielo” gioiscono con tutti noi per questo traguardo raggiunto.
E’ doveroso ringraziare: il Vescovo della mia Diocesi di Tivoli Mons. Mauro Parmeggiani per avermi dato l’opportunità di proseguire gli studi in Diritto Canonico; il Moderatore prof. Miroslav K. Adam, O.P., che con la sua preparazione ed esperienza accademica – già rettore della PUST-, durante tutto il tempo della stesura della tesi, mi ha incoraggiato, sostenuto e accompagnato lungo i meandri della scienza e della conoscenza giuridica, facendomi apprezzare ogni giorno sempre di più, quanto oggi sia importante lo studio per meglio essere a servizio nella Chiesa; Mons. Dr. Alejandro W. Bunge – uditore della Rota Romana – quale esperto del tema di cui trattasi la presente tesi dottorale, per averne accettato il ruolo di Censore, e professionalmente curatone la correzione; non da ultimo il prof. Michael Karragher Decano della PUST ed i docenti della facoltà di Diritto Canonico che in questi anni hanno curato la mia formazione giuridica, fino ad arrivare alla discussione della tesi dottorale. Infine – conclude don Saccà – voglio ringraziare quanti in questo tempo mi sono stati vicini in modo fraterno sostendomi e incoraggiandomi.”
AD MAIOREM DEI GLORIAM MMXIX
Jenne 19/02/2019 – Non sembra esserci pace per la strada provinciale Subiaco Jenne che tuttora è interessata da fitti banchi di nebbia. Questa notte, nel tratto situato nei pressi dell’area Monte Pecoraro è avvenuto il distacco di un grosso albero che ha invaso la sede stradale bloccando di fatto la circolazione. Immediatamente l’amministrazione comunale ha richiesto l’intervento della Provincia che già da questa mattina presto ha iniziato ad effettuare i lavori di sgombero. Lo scuolabus con gli studenti di Jenne e diverse vetture che percorrevano la strada in entrambe le direzioni sono rimasti bloccati per un pò, e poco fa la circolazione è tornata alla normalità. Si consiglia comunque procedere con la massima cautela.
(Foto: M.A. Coriddi)
Gli scavi presso la grotta Mora Cavorso a Jenne hanno permesso il recupero dei resti antropici giacenti nelle due distinte cavità interne, definite per la loro posizione stratigrafica rispettivamente sala superiore e sala inferiore.
Per predisporre al meglio il futuro programma di indagine estensiva nella grotta si è deciso di eseguire alcuni saggi di limitate dimensioni allo scopo di indagare le potenzialità del deposito archeologico presente.
I recuperi nelle sale interne.
Nella sala inferiore è stato portato a termine il recupero completo dei reperti antropici del livello datato al Neolitico antico, iniziato nella prima campagna di scavo. Sono stati recuperati più di un centinaio di reperti osteologici riferibili a circa 21 individui, di cui 12 adulti e 9 bambini.
I reperti giacevano caoticamente ammassati su tutta la superficie dell’anfratto per uno spessore di circa 30 cm; unitamente èè stato recuperato anche vario materiale archeologico consistente in 11 elementi di collana di conchiglia, un vasetto ceramico frammentario non decorato e due lamelle di selce.
Asportati i reperti, si è messo in luce il piano di appoggio degli stessi, costituito da una crosta stalagmitica, dello spessore variabile di cm 5 -10, sotto il quale è stato individuato un ulteriore livello, ricco di ossa di cervo.
La presenza, nel livello inferiore, di chiazze e frustoli carboniosi sui reperti faunistici è un equivocabile indizio di una frequentazione umana precedente alla pratica funeraria neolitica, non collocabile però in un preciso orizzonte culturale.
Scoperta e ricerche
La grotta è stata inserita recentemente nella carta IGM(vedi sopra), mentre non risulta segnalata nella precedente tavoletta IGM(serie M891 – Affile– 151 IV sud-est). La scoperta del complesso delle cavità interne si deve alle ricerche condotte dallo Shaka Zulu Club Subiaco nell’ambito dello studio speleologico sulle grotte della valle dell’Aniene, quando, nel gennaio del 2001, spostando un accumulo concrezionato di clasti di grandi dimensioni nel fondo della grotta è stato stappato un diverticolo obliterato da tempo. Il condotto articolato in strettoie e corridoi bassi terminava, dopo circa m25, in una serie di sale di modeste dimensioni due delle quali presentavano al momento della scoperta abbondante materiale antropologico e archeologico sparpagliato sul terreno e in parte inglobato nelle concrezioni superficiali. Di seguito è stato comunicato il rinvenimento alla Soprintendenza Archeologica per il Lazio, che nel 2005 ha organizzato un primo sopralluogo, al seguito del quale si è deciso, in collaborazione con l’Insegnamento di Archeologia Preistorica dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” , un primo recupero del deposito interno effettuato nel giugno 2006. L’indagine è stata reiterata anche nel mese di luglio2007 e a più riprese nell’autunno-inverno 2007. Lo scavo del deposito interno non è stato ancora ultimato e si prevede di riprendere l’attività al più presto, cercando di allargare le indagini, ad una picco-la porzione dell’ante grotta allo scopo di individua-re lembi di deposito preistorico rimanenti, come evidenziato dalle prime osservazioni di superficie e dal record faunistico ivi recuperato (vedi infra,I reperti faunistici).
La grotta
La grotta si apre nelle formazioni delle Calcilutiti del Coniaciano-Campaniano (Cretacico Superiore– formazione 38/C 9-11) e si articola in una sala iniziale o ante grotta al fondo della quale si apre un diverticolo impervio. L’antegrotta consiste in un ampio camerone largo circa m 8 e lungo m 17; l’altezza all’apertura verso la valle dell’Aniene è di m 4per diminuire verso l’interno in maniera piuttosto brusca a circa metà della sala fino a raggiungere l’altezza di meno di un metro al fondo. Nella parte interna della sala insistono una serie di stalattiti, alcune delle quali, pur non essendo spezzate, non raggiungono la base del deposito attuale, a testimonianza che la dinamica di formazione ha portato adepauperamenti ciclici del deposito, dividendo l’ambiente in due parti distinte. La superficie dell’antegrotta si presenta per la prima metà con andamento grossomodo sub-orizzontale con lieve pendenza verso l’entrata, per farsi sub-pianeggiante verso il fondo. Il deposito si presenta con terreno assai sciolto, pulvirolento che copre non del tutto grossi clasti, probabili residui di crolli della volta.Nella seconda metà dell’ambiente, verso il fondo, in concomitanza delle stalattiti sopracitate il deposito si fa più compatto, concrezionato a chiazze di matrice più argillosa di colore bruno scuro, con presenza in superficie di aree cinerose e frustoli carboniosi. Sempre superficialmente e solo in questa zona sono stati rinvenuti frammenti di ceramica in impasto non tornita. Le ricognizioni superficiali effettuate nella sala hanno permesso di recuperare abbondante fauna sia recente che fossile di notevole interesse.
Ricerche e atti
- Origini della complessità sociale – Sviluppo dei sistemi prato-urbani e nascita delle città; (ANALISI GENETICA DI COMUNITA’ MONTANE IN AREE ISOLATE DEL CENTRO ITALIA TRA PREISTORIA E STORIA).
- Lazio e Sabina – Estratto da: Atti del Convegno: Ottavo Incontro di studi sul Lazio e la Sabina.
- Atti del 6° Convegno Nazionale di Archeozoologia (Nota preliminare sulla fauna del Neolitico antico di Grotta Mora Cavorso (JENNE, Lazio)
- Identification of ancient Olea europea L. and Cornus mas L. seeds by DNA barcoding.
Jenne – Ci sembrerà di entrare in una primavera anticipata, ma in realtà siamo ancora nel pieno di febbraio. Eppure potremmo goderci giornate splendide all’insegna del sole e del clima che sembra già voler aprire le porte all’estate con congruo anticipo. Dopo tanto freddo intanto ci si può godere questo periodo, in cui le massime giornaliere arriveranno anche a 16/17 gradi nelle zone interne della Valle Aniene ma molto piu’ alte saranno nella zona di Tivoli Roma est con picchi anche di 20 gradi. Poi brusco calo termico notturno con minime che in alcuni casi si attestano intorno allo zero.
Jenne – La festa degli innamorati, San Valentino non è solo per le coppie di giovani fidanzati, ma si celebra anche l’amore per una magia, per un posto che ci è molto caro e che affascina. Molti sono gli innamorati di Jenne, quelli che ci sono nati, vissuti, cresciuti, coloro che ci vivono e coloro che essendoci nati e non vivendoci mantengono inalterato un legame forte con il proprio territorio. Poi ci sono gli innamorati di Jenne, spontanei, che amano questa accogliente realtà. La perla della Valle Aniene, con aria salubre, un aspetto urbano da salotto cittadino, gente sorridente e sempre in attività per mantenere alte e vive le tradizioni e celebrare il “voler bene” per il proprio territorio. Ecco San Valentino dedicato agli innamorati di Jenne, a qualsiasi titolo e ruolo. Perchè l’amore non ha confini e Jenne si vive nel cuore! Buona festa a tutti!
Continua questo inverno dal tempo dinamico. Tra dicembre e gennaio abbiamo avuto piogge, nevicate e temperature che, soprattutto nell’ultimo mese, si sono portate anche al di sotto delle medie stagionali.
Secondo le previsioni questa settimana il meteo comincerà a dare timidi segnali di miglioramento pur restando molto instabile.
Lunedì e fino a metà settimana sereno sulla capitale, anche se le temperature minime saliranno di poco sopra gli 0°C. Sull’adriatico coperto con pioggia moderata e neve sulle subappenniniche e sul Gran Sasso. Mercoledì di nuovo tempo instabile con piogge e nevicate, soprattutto sulla marsica orientale, oltre gli 800 m circa. Giovedì sole ma freddo.
Da giovedì sera un vasto campo di Alta Pressione porterà una prevalenza di bel tempo con poche nubi di passaggio ma senza rischio di piogge. Anche le temperature sono previste in leggero aumento specie nei valori massimi
Commenti recenti