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Ufficio Stampa

Autunno d’incanto nel Parco dei Monti Simbruini con il “foliage”

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Monti Simbruini – È questa, una delle stagioni più affascinanti per visitare il Parco dei Monti Simbruini. Uno spettacolo naturale che segna il ritmo delle stagioni: gli alberi si tingono di colori che in alcune zone  raggiungono intensità sublimi.

Per molti l’autunno è considerato un tempo malinconico e pochi pensano ad organizzare un viaggio, magari considerando, a torto, che poche destinazioni offrano attrattive tali da giustificare una vacanza dopo la stagione estiva. Ma quando si pensa alla natura e viene in mente il meraviglioso evento del foliage allora ci si può ricredere.

Il “fall foliage”, infatti, è la caduta delle foglie che chiude il ciclo naturale, e nelle foreste e nei boschi di tutto il mondo e, naturalmente anche nel Parco di Simbruini, è un avvenimento che gli appassionati attendono con trepidazione. Le chiome delle querce, degli aceri e dei faggi si tingono di colori accesi e riempiono di emozioni gli occhi dei visitatori, che possono quindi osservare il variopinto mutamento delle foglie da un punto di vista privilegiato, in un Parco di ben 30.000 ettari e di numerosi differenti ambienti botanici.

I boschi di faggio del Parco dei Simbruini è una delle faggeta più estese d’Europa (circa 22.000 ettari) che si colora di toni che vanno dal rosso al giallo all’arancio, al marrone, ed è proprio grazie a questa atmosfera suggestiva che l’autunno diventa uno dei momenti più tranquilli per godersi la splendida natura. Gli altopiani carsici che imbiondiscono e si stagliano come strisce dorate contro l’azzurro terso del cielo e, nelle poche zone dove sono presenti le conifere, il verde profondo ricopre i versanti più freschi.

Oltre ai caldi colori del bosco, è bello scoprire la grande varietà di frutti su alberi e arbusti, l’incredibile quantità di specie di funghi, e la fragranza che emana il suolo dopo le prime piogge autunnali e le orme degli animali lasciate sul terreno umido e un po’ fangoso.

In autunno è piacevole fare escursioni in montagna, passeggiare lungo i sentieri immersi nella natura, nel primo periodo autunnale inoltre è facile udire tra i boschi il riecheggiare del bramito del cervo che, in questo periodo, è in amore!

Oltre 450 Km di sentieri che potrete percorrere, meglio se accompagnati da guide locali (http://www.parcomontisimbruini.it/guideparco.php) per godervi la magia delle giornate autunnali.

Questo periodo dell’anno tende ad attirare maggiormente gli amanti di paesaggi e natura muniti di macchina fotografica, pronti ad immortalare vallate, boschi e radure tinti dai colori intensi e brillanti

Al Parco dei Monti Simbruini l’autunno è un vero spettacolo!

È la stagione dell’amore: sui Monti Simbruini un’escursione serale per ascoltare il melodioso bramito del cervo

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Monti Simbruini – Il volgere dell’estate verso l’autunno è il periodo in cui i cervi sono nel pieno della stagione degli amori ed è facile sentire riecheggiare, a partire dal tramonto, i loro bramiti.

Il bramito è la classica vocalizzazione emessa dai maschi di cervo che vogliono dimostrare tutta la loro forza e conquistare l’harem delle femmine.

Dopo aver lottato e conquistato i branchi di femmine, i maschi comunicano ai rivali la loro posizione e il loro rango. Più forte è il bramito, più si dimostra la propria potenza e si comunica agli altri maschi di stare alla larga.

Per chi ama il mondo naturale, il Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini offre l’opportunità di ascoltare questo canto d’amore in un’escursione serale – notturna prevista per venerdì 18 settembre 2020.

Programma:

Ore 17:30 Appuntamento presso il Centro Visite di Monte Livata

Ore 18:00 partenza (mezzo proprio) per le postazione d’ascolto

Max iscritti: 30 persone.

Durata: 5 ore circa

Difficoltà: bassa.

Cosa portare: cena al sacco, lampada frontale o torcia elettrica, scarpe da trekking e un abbigliamento consono per affrontare una serata di inizio autunno in alta quota (giacca a vento, maglia in pile, cappello di lana, guanti).

Vivi i parchi del Lazio; tante iniziative pensate esclusivamente per famiglie, compresi i nonni e i bambini con passeggiate, visite guidate, animazione, musica e spettacolo, gratuiti.

In caso di condizione meteo avverse l’evento sarà annullato.

 

Jenne, appuntamento con la natura sabato 29 agosto con il laboratorio didattico “L’archeo-speleologia nella Valle dell’Aniene”

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Jenne – Il Comune di Jenne, nell’ambito del progetto “Vivi i parchi del Lazio” è lieto di presentare il laboratorio didattico “L’archeo-speleologia nella Valle dell’Aniene”, un interessante incontro su una delle discipline più belle tra storia e conoscenza della natura, per conoscere le meraviglie da scoprire in uno dei polmoni verdi più belli della Regione.

Anche il Parco dei Monti Simbruini partecipa all’iniziativa “Vivi i Parchi del Lazio” promossa dall’Assessorato Agricoltura, Promozione della Filiera e della Cultura del Cibo, Ambiente e Risorse Naturali della Regione Lazio. Saltato gran parte del Programma di Primavera, il Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini ha dato vita, in collaborazione con le Associazioni del territorio, a un ricco programma di appuntamenti dal venerdì alla domenica dedicato a chi, a causa dell’emergenza sanitaria resterà nel Lazio, ma ama la natura e gli spazi aperti. Le iniziative sono state pensate per le famiglie compresi i nonni e i bambini. Nel programma sono comprese passeggiate, visite guidate, animazione, musica e spettacolo.

Tutti gli appuntamenti sono all’aperto, gratuiti e a prenotazione obbligatoria in rispetto alle norme di prevenzione dettate a seguito dell’emergenza sanitaria.

L’appuntamento per “L’archeo-speleologia nella Valle dell’Aniene” è per sabato 29 agosto alle ore 10:00 presso la sede del Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini a Jenne. Per partecipare, è possibile effettuare la prenotazione su Whatsapp al numero 345 1059286.

E dopo un’interessante immersione alla scoperta della Valle dell’Aniene, si può approfittare dell’occasione e proseguire con una passeggiata per le strade di Jenne, il caratteristico borgo incastonato tra i monti che si lascia ammirare per il suo fascino antico, i vicoletti e i panorami mozzafiato. E magari fare un tuffo nell’oasi di pace all’ostello “Lescuso, dove deliziarsi con un po’ di relax in piscina o assaporando i deliziosi piatti tipici della tradizione con la cucina a chilometro zero, accompagnati da vini del posto come il famoso Cesanese, il Re dei Simbruini. Una pace dei sensi e del gusto che fa pienamente da pendant con una splendida giornata a contatto con la natura.

 

Il suggestivo sentiero Coleman Subiaco-Jenne, un’esperienza da vivere tra le meraviglie dei Monti Simbruini

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Il Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini rappresenta in modo eloquente le Aree Protette della Regione Lazio, sia per la sua vasta estensione (circa 30.000 ettari di territorio) sia per la grande importanza rivestita dalla biodiversità, che annovera molte specie protette ed in via di estinzione.

Un panorama mozzafiato che si unisce a una vegetazione rigogliosa e incantevole: cime che raggiungono i duemila metri, estese faggete, ampi pianori carsici, ricchezza di acque sorgive (la stessa etimologia della parola Simbruini deriva dal latino “sub imbribus, sotto le piogge), caratterizzata al suo interno da piccoli centri abitati (i sette comuni del Parco) ricchi di testimonianze storico-artistiche a volte millenarie.

Un territorio tutto da scoprire e da ammirare, luoghi di alto valore storico, culturale e naturalistico che si prestano a tutti i tipi di escursione: trekking, cammini, brevi passeggiate a piedia cavallo, in mountain bike, con le ciaspole. Insomma uno scrigno delle meraviglie tutto da esplorare. Il Parco Naturale dei Monti Simbruini dispone di una rete di sentieri che si sviluppa quasi totalmente nel territorio tutelato. Quasi tutti i tracciati sono stati censiti nell’ambito del Catasto Nazionale dal CAI (Club Alpino Italiano) che, come noto, è un’Associazione riconosciuta a livello nazionale dalla legge n. 776/85 (rif. art. 2 comma b), finalizzata, in particolare, a provvedere “al tracciamento, alla realizzazione e alla manutenzione di sentieri, opere alpine e attrezzature alpinistiche”.

Una rete di oltre 40 sentieri copre il territorio del Parco e percorre diversi ambienti naturali; permette di conoscere la realtà faunistica, floreale e vegetale del territorio, composta da specie di notevole interesse scientifico. Percorrere i tracciati consente di scoprire la diversità dei suoi centri abitati con le loro tradizioni antropiche, religiose e culturali. Il sistema di sentieri presenta itinerari a media e lunga percorrenza, adatti al trekking, alla mountain bike, escursionismo equestre e anche sentieri locali che consentono gite di una giornata o piacevoli brevi camminate della durata di alcune ore. I sentieri sono segnati con bandierine di colore bianco-rosso e sono censiti con lo stesso numero indicato nella guida dei sentieri del Parco con relativa carta.

Percorso SC1: Sentiero Coleman Subiaco – Jenne

Tra gli itinerari da percorrere a piedi, uno tra i più emozionanti e suggestivi da fare in questo periodo estivo è il sentiero Coleman Subiaco-Jenne. Di difficoltà media (livello escursionistico), il sentiero offre la possibilità di ammirare, camminando, oltre alla meraviglia incontaminata della natura, anche le bellezze monumentali e storiche presenti lungo l’avventuroso itinerario.

Il percorso inizia nei pressi dei ruderi della Villa di Nerone – che l’imperatore fece costruire per riposarsi dalle “fatiche della città” – dove comincia la strada che collega Subiaco con Jenne. Attraversata la strada asfaltata si prosegue sui gradoni in pietra che portano al Monastero di Santa Scolastica, il più antico monastero benedettino al mondo, fondato intorno all’anno 520.

Da qui il sentiero scende piacevolmente nel bosco fino ad incrociare la strada che costeggia il fiume Aniene. Una meraviglia dopo l’altra, e si svolta poi a sinistra percorrendo la strada dapprima asfaltata e poi sterrata. Un’esperienza da fare e consigliatissima in questo periodo di vacanze, dove ristorarsi dal caos cittadino respirando aria buona tra i Monti Simbruini.

Da Subiaco si arriva poi a Jenne, dove ci si può ristorare dalla lunga camminata escursionistica e raggiungere l’ostello “ Lescuso ”, un luogo dedicato al relax e alla pace dei sensi, che celebra il buongusto e la convivialità. Al Lescuso ci si può deliziare con le prelibatezze della cucina a chilometro zero, accompagnate da vini pregiati, tra i quali ovviamente non può mancare il Re dei Simbruini, il Cesanese.

CARATTERISTICHE DEL SENTIERO COLEMAN SUBIACO – JENNE
  • Partenza: Ruderi della Villa di Nerone
  • Tempo di percorrenza: 3 ore
  • Difficoltà: E – Escursionistico
  • Lunghezza: 9.100 km
  • Dislivello: in salita 810 m – in discesa 430 m

A Jenne la cultura torna protagonista: grande successo per le eccellenze premiate tra musica e performance liriche

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Si è svolta ieri sera in grande stile la terza edizione del Premio Giornalistico Nazionale legato al progetto “Jenne perla della cultura” realizzato e fortemente voluto dal Sindaco Giorgio Pacchiarotti. Nella bellissima chiesa di Sant’Andrea Apostolo in piazza Vittorio Emanuele III, allestita ad hoc per l’occasione, si è svolta la consegna dei premi assegnati alle personalità che, durate la fase cruciale del coronavirus, si sono maggiormente distinte nella professione giornalistica, e non solo. In questo periodo storico particolarmente delicato e difficile un riconoscimento è stato conferito anche in ambito medico e artistico.

Una giuria qualificata, composta dal Prof. Fausto Capalbo, Dott. Ruggero Capone, Don Gaetano Maria Sacca, Dott.ssa Gemma Giovannelli, Dott.ssa Elisabetta Zazza, Dr. Daniele Imperiale, ha consegnato i riconoscimenti, sottoforma di pregiate pergamene firmate e certificate, a cinque eccellenze su tutto il territorio nazionale. Sono stati dunque premiati:

  • Il   Prof. Dott. FRANCESCO VAIA Direttore “INMI – Lazzaro Spallanzani” di Roma
  • Il giornalista SIGFRIDO RANUCCI Conduttore televisivo Rai (trasmissione Report)
  • Il giornalista PINO FINOCCHIARO (inviato speciale conduttore Rai News 24)
  • Il giornalista FABRIZIO COLARIETI (La notizia)
  • premio menzione speciale assegnato al Maestro CLAUDIO LEONETTI di Amatrice, con la testimonianza speciale dell’Avv. Wania Della Vigna

L’evento è stato presentato dalla giornalista Rai Roberta Ammendola e dal Consigliere Odg Abruzzo Daniele Imperiale. In un clima di grande entusiasmo e ammirazione da parte della giuria e del pubblico, disposti secondo le norme del distanziamento sociale, sono state lette le motivazioni e consegnate le bellissime pergamene alle cinque personalità premiate per l’eccellenza dimostrata nel proprio ambito professionale.

 

La premiazione è stata intervallata dalla musica del Maestro Sergio La Stella (direttore d’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma), che ha accompagnato al pianoforte il tenore di fama internazionale Salvatore Cordella (Teatro Metropolitan di New York), insieme ai giovani tenori Paride Cataldo e Vincenzo Spinelli (Accademia Germogli d’Arte), che hanno emozionato e deliziato tutti i presenti con i brani più belli del repertorio classico, dalle arie di Bizet, Donizetti e Puccini, e chiudendo con la splendida e intramontabile “ ’O sole mio”.

La cerimonia è iniziata con la consegna del riconoscimento da parte del Sindaco al Prof. Dott. Francesco Vaia, direttore dell’ospedale Spallanzani di Roma, eccellenza nel settore delle malattie infettive e nel quale il Covid-19 è stato isolato per primo in tutto il mondo. Il Dott. Vaia, nel ringraziare per il premio conferitogli ha voluto spendere delle parole che hanno infuso coraggio e speranza per l’avvenire, contro tutte le profezie catastrofiste che si prospettano per la prossima stagione autunnale.

“Stiamo vincendo – ha affermato il Dott. Vaia – grazie alla sintesi felice della collaborazione intelligente tra cittadini, personale sanitario e media. Se ieri dicevamo “Non abbiate paura” oggi diciamo ”Non abbassate la guardia”. Il virus ad oggi è meno virulento, ma noi dobbiamo stare attenti e applicare le norme disposte, e al contempo la sanità pubblica dovrà attivare campagne di prevenzione per le fasce più esposte.”

Sono stati poi premiati i giornalisti Sigfrido Ranucci, Pino Finocchiaro e Fabrizio Colarieti, quest’ultimo assente durante la cerimonia, ma di cui è stata letta pubblicamente la motivazione. Al giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore televisivo Rai della trasmissione “Report”, è stato conferito il premio da parte della Dott. Gemma Giovannelli per il suo carisma comunicativo e per l’eccellenza nel saper raccontare e documentare i fatti con grande professionalità, dando ai telespettatori, anche nelle situazioni più critiche, un quadro sempre obiettivo, in cui l’opinione non è minimamente condizionata. Il Prof. Fausto Capalbo ha invece conferito il premio all’inviato di Rai News 24 Pino Finocchiaro per il suo giornalismo d’inchiesta legato in particolare alla strage di Ustica (l’incidente aereo avvenuto nel 1980 a causa di un tratto del cielo non controllato a sufficienza dai radar italiani, civili e militari in cui morirono tutti gli 81 passeggeri, ndr).

La vicenda stava per essere archiviata per sempre e invece, grazie al lavoro d’inchiesta lo scorso giugno 2020, dopo un’attenta pulizia della comunicazione radio sono state certificate le ultime parole del copilota che dice: “Guarda cos’è”, lasciando presupporre che i due membri dell’equipaggio avevano individuato un’anomalia. È per il merito del lavoro d’inchiesta, portato avanti con grande passione e impegno dai giornalisti Pino Finocchiaro e Fabrizio Colarieti, che la tragedia di Ustica è venuta alla luce e per questo oggi le vittime della strage e le loro famiglie possono avere giustizia. Per tale motivazione entrambi i giornalisti hanno ricevuto a Jenne il riconoscimento.

Infine, un premio menzione speciale è stato conferito da parte di Don Gaetano Maria Sacca al Maestro Claudio Leonetti di Amatrice, con la testimonianza del suo legale l’Avv. Wania Della Vigna. Il giovanissimo Maestro Leonetti, durante il periodo del lockdown si è laureato al Conservatorio di L’Aquila in “Chitarra classica”, dando prova di grande determinazione e impegno.

Il suo traguardo professionale, tuttavia, ha un valore ancora più grande per il dramma che lo ha colpito quattro anni fa. Claudio Leonetti, infatti, durante il terremoto di Amatrice nel 2016, ha perso tutta la sua famiglia (padre, madre, sorella fidanzata e anche il cagnolino), e da quella tragedia ha saputo rialzare la testa ed essere esempio di forza e speranza per sé stesso e per tutti proseguendo con coraggio la sua vita e i suoi obiettivi.

“Claudio quella notte del 24 agosto 2016 ha perso tutto in un battito di ciglia – afferma l’Avv. Della Vigna – ma lui non vuole la commiserazione, perché si è dimostrato un ragazzo capace di reagire. L’amore per la vita, per la fotografia, per la scrittura e soprattutto per la musica lo hanno portato a conseguire il titolo di Maestro, nonostante anche il periodo del coronavirus”.

L’avvocato legge poi un piccolo estratto dal libro “Tutto il bello che c’è” (Edizioni Paoline, 2018), scritto da Claudio dopo il terremoto: “Il dolore arriva e porta via tutto ciò che incontra sulla strada. Ma non dategliela vinta, neppure per un momento: la vita è un’opportunità immensamente grande. Uscite, aprite gli occhi, fatevi travolgere da quel vento che toglie il fiato, ma soprattutto non stancatevi mai di apprezzare tutto il bello che c’è”. Parole che hanno commosso tutti i presenti e dalle quali ognuno ha potuto riflettere personalmente sul valore supremo e grandioso della vita, che si afferma con tutta la sua forza anche nelle situazioni più disperate.

La cerimonia, intervallata da musica e momenti di grandi applausi, si è conclusa con la performance straordinaria – che ha meritato l’ovazione finale – dei tre tenori, che hanno cantato insieme “ ‘O sole mio”, una canzone scelta come segno di speranza e di rinascita per tutti.

La serata si è conclusa poi con una conviviale presso la suggestiva cornice del Ristorante Il Lescuso di Jenne, per info: www.jennevallepietratour.it

“Roberta Ragusa. L’amica che non ho mai conosciuto”: l’indagine di Rino Sciuto su un giallo nazionale, in uscita il 15 luglio

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È in uscita il 15 luglio, ma già su tutti gli store on line e ordinabile in tutte le librerie, il libro di Rino Sciuto, “Roberta Ragusa. L’amica che non ho mai conosciuto. Diario d’indagine di un investigatore”. Jenne ricorda con stima e affetto l’autore del libro, che è stato dal 1990 al 1993 Comandante dei Carabinieri di Jenne e successivamente a Roma presso il Raggruppamento operativo speciale, da cui fu chiamato per seguire l’indagine sull’omicidio.

Quello di Roberta Ragusa è uno dei casi di cronaca nera più oscuri degli ultimi anni. Avvenuto nella notte fra il 12 e il 13 gennaio 2012, l’omicidio dell’imprenditrice di Gello San Giuliano Terme, in provincia di Pisa, è la storia di un giallo che ha colpito tutto il Paese, diventando di interesse nazionale. L’autore del delitto è il marito Antonio Logli, condannato lo scorso anno a 20 anni e detenuto nel carcere di Massa, da dove dichiara ancora oggi la sua innocenza. Il caso è chiuso, anche se il corpo della donna non è mai stato ritrovato. Roberta Ragusa era una donna onesta, grande lavoratrice, moglie prodiga e mamma di due ragazzi, Alessia e Daniele. Al momento della sua scomparsa, la vicenda è stata seguita sin dall’inizio da tg e trasmissioni come “Pomeriggio Cinque” e “Quarto grado”, che hanno tenuto tutti col fiato sospeso cercando di capire cosa fosse accaduto in quel piccolo paesino della Toscana.

Il caso di Roberta Ragusa è stato seguito in prima persona da Rino Sciuto, Comandante dei Carabinieri di Jenne dal 1990 al 1993, lo stesso anno chiamato a Roma presso il Raggruppamento operativo speciale (ROS) fino al 2017, quando lascia l’Arma con il grado di Luogotenente. Per quasi quattro anni si è occupato della donna scomparsa a Gello e ne ha scritto un libro, “Roberta Ragusa. L’amica che non ho mai conosciuto. Diario d’indagine di un investigatore, con la prefazione dell’Avv. e presidente di Penelope Italia Onlus Nicodemo Gentile e l’introduzione della giornalista Mediaset Francesca Carollo. Il libro, in uscita il 15 luglio ma già su tutti gli store on line e ordinabile in tutte le librerie, è stato anche presentato in alcune trasmissioni televisive come “Quarto grado”, dove l’autore è stato intervistato lo scorso venerdì 19 giugno.

In questo “diario di indagine” Rino Sciuto è riuscito a raccontare, con un linguaggio semplice ed efficace, la storia di un giallo divenuto di portata nazionale, un percorso investigativo e di ricerca di una donna che è entrata a far parte indissolubilmente della vita di tutti gli italiani. Ed è riuscito a farlo in maniera pacata e rispettosa di tutti quelli che sono stati coinvolti e travolti da questa tragedia, avanzando anche delle ipotesi di occultamento e distruzione del cadavere. Per capire meglio questo libro, abbiamo chiesto direttamente all’autore Rino Sciuto di spiegarcene il contenuto.

Il suo libro racconta la storia di un’indagine che ha tenuto tutto il Paese con il fiato sospeso. Di cosa si è occupato in particolare nel ripercorrere questa lunga vicenda?

«Il mio libro è una sorta di cronistoria di tutto l’accaduto, e parte dalle prime notizie che mi arrivarono da Pisa nel Raggruppamento operativo speciale di Roma. Io e altri miei colleghi ci siamo recati subito sul posto, cercando di creare un team di lavoro con i colleghi di Pisa. Abbiamo unito le forze mettendo insieme tutto quello che è stato fatto nel corso di questi anni: dalle prime dichiarazioni e i primi testimoni alle ricerche, alle centinaia di lettere che ci sono arrivate da veggenti, chiromanti e gente di ogni sorta, fino alle prime sentenze e al ricorso in Cassazione».

Ad oggi possiamo dire che il caso sia chiuso, nonostante il marito di Roberta Ragusa, Antonio Logli, ancora rivendichi la propria innocenza e nonostante il corpo non sia mai stato ritrovato?

«Sì, assolutamente. Il marito di Roberta Ragusa lo scorso anno è stato condannato in Cassazione in terzo grado a vent’anni di reclusione nel carcere di Massa. Anche se il corpo non è mai stato rinvenuto, tutto quello che abbiamo ritrovato, dagli indizi ai ritrovamenti alle testimonianze, è stato vagliato dalla magistratura arrivando così alla sentenza definitiva. Logli è stato condannato il 12 luglio 2019 per omicidio, distruzione e occultamento di cadavere, e le ricerche del corpo ormai non sono più in corso. Il procedimento è chiuso. Il fatto che Logli si proclami innocente ed abbia anche rivolto un appello alla Corte Europea dei diritti dell’uomo non significa nulla, se non che sia una persona che non lascia nulla di intentato».

Il libro è un modo per ripercorrere tutta la vicenda di Roberta Ragusa attraverso l’indagine vissuta in prima persona da Rino Sciuto, che al suo sguardo di professionista attento e scrupoloso non rinuncia a una narrazione puntuale, descrittiva e scorrevole.