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Prosegue l’estate a Jenne: festa della montagna e della Madonna delle Grazie

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JENNE – Una bellissima escursione notturna organizzata dalla Pro Loco a Fondi di Jenne è stato il preludio della giornata odierna dedicata per l’appunto alla Festa della Montagna. Raduno a Fondi di Jenne  già dalle prime ore della mattina, con celebrazione della Santa Messa in onore della Madonna della Montagna alle ore 11.00. Una mattinata da vivere all’insegna della natura e delle sue suggestive beltà in un clima celebrativo di grande effetto.

Nel pomeriggio ci si sposta alla Madonna delle Grazie, dove sarà celebrata la Santa Messa preceduta dal triduo, e poi a seguire cena sociale in piazza con musica in Live.

Domani, domenica 25 agosto 2024, alle ore 11 celebrazione solenne della Santa Messa alla Madonna delle Grazie, a seguire concerto in loco della Banda Filiberto Massimi di Jenne, e poi nel pomeriggio i vespri solenni con tradizionale bacio della reliquia.

 

Jenne, interdetta sosta e transito nella strada di Fondo Valle

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JENNE 22 AGO 2024 – Con ordinanza n. 13 in data 21 agosto 2024 è stata disposta l’interdizione alla sosta ed al transito nella strada di Fondo Valle. Il divieto è vigente nel territorio di Jenne dalla loc. Comunaqua e fino al confine con il territorio del comune di Subiaco. Il provvedimento si è reso necessario in relazione alle condizioni di vetustà e di insicurezza del manto stradale. Solo in casi specifici, potranno essere richieste al comune espresse deroghe di transito per comprovate esigenze.

Di seguito al link il testo integrale dell’ordinanza scaricabile o consultabile:

 

 

 

ordinanza 13 Divieto strada Fondo Valle

Si rende noto inoltre che è vigente anche l’ordinanza n.14 riguardante divieto di sosta su ambo i lati del tratto di intersezione di via IV novembre in direzione dell’edificio comunale

ordinanza 14 Comune di jenne Agosto 2024

Simbruini deturpati dagli incivili, tuona il sindaco Pacchiarotti: “una offesa al cuore della natura”

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JENNE – Negli ultimi giorni, i Simbruini nel territorio di Jenne  sono stati teatro di un triste spettacolo di inciviltà. Durante il periodo di Ferragosto, una delle aree naturali più belle e preziose del Lazio è stata deturpata dai rifiuti lasciati dai turisti che hanno deciso di trascorrere una giornata all’aperto, trasformando un momento di svago in un danno ambientale di proporzioni inaccettabili.

Rifiuti di ogni tipo sono stati abbandonati nelle aree picnic e lungo i sentieri, creando un impatto devastante non solo per l’ambiente, ma anche per l’immagine del Parco e dei comuni limitrofi che tanto si impegnano per la tutela di questi spazi. A scagliarsi con fermezza contro questa situazione è il sindaco di Jenne, Giorgio Pacchiarotti, che ha espresso con fermezza tutto il suo sdegno per l’accaduto.

“Serve un giro di vite contro gli incivili,” ha dichiarato Pacchiarotti, “siamo poi noi istituzioni a dover intervenire, rimuovere e bonificare con costi che gravano sulla collettività. Chi ama la natura la deve proteggere, chi deve compiere questi gesti è bene che resti in casa. E’ impensabile ed inconcepibile che la beltà dei nostri luoghi incontaminati dell’alta Valle Aniene, venga offuscata con simili gesti”.

Le parole del sindaco non lasciano spazio a interpretazioni: la pazienza nei confronti di chi danneggia l’ambiente è finita. Le istituzioni locali, già alle prese con la gestione e la manutenzione del Parco, si trovano ora costrette a investire ulteriori risorse pubbliche per riparare ai danni causati dall’inciviltà. Il sindaco ha inoltre annunciato che verranno attuate tutte le misure necessarie per individuare e sanzionare i responsabili di questi atti deplorevoli.

La tutela del Parco dei Simbruini non è solo una responsabilità delle istituzioni, ma un dovere di ogni cittadino. È fondamentale ricordare che la bellezza e la purezza di questi luoghi dipendono dal rispetto di chi li frequenta. È un patrimonio naturale da preservare per le generazioni future, non un luogo da sfruttare senza alcun riguardo per le conseguenze.

L’appello del sindaco di Jenne è chiaro: chi non è in grado di rispettare la natura, dovrebbe rinunciare a frequentarla. Solo con una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte di tutti sarà possibile evitare che episodi come questo si ripetano, garantendo così la salvaguardia di uno dei parchi più importanti della regione.

Jenne ottiene finanziamento di 700 mila euro: è tra i primi in tutta Italia

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JENNE – Importante successo per il comune di Jenne nell’ ambito delle ” misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni” ( DOCM 16/05/2022) . Con il progetto di riqualificazione tramite ristrutturazione, recupero, completamento e messa in sicurezza di edifici strategici per lo sviluppo culturale, storico, artistico e naturalistico del  borgo: Mola vecchia, stalla sociale e rifugio montano, il comune di Jenne e’ stato tra i primissimi enti ad ottenere il finanziamento richiesto pari ad € 700.000,00, nella misura massima concedibile per un singolo ente, collocandosi al 64^ posizione in graduatoria su 2621 domande, non computando i comuni che sono stati esclusi nella fase istruttoria.

“Al bando, emanato a luglio 2023 , dalla Presidenza del consiglio dei ministri   spiega il sindaco Giorgio Pacchiarotti – la nostra amministrazione ha partecipato con entusiasmo e determinazione nella consapevolezza dell importanza strategica che l’ ambizioso progetto di valorizzazione delle tre strutture (stalla sociale, rifugio e mola vecchia ) costituisca il volano per lo sviluppi dell economia locale in un armonioso intreccio di turismo , commercio, cultura e ambiente. E cosi grazie alla progettualita’ presentata, di cui questa amministrazione si e’ resa promotrice, e’ oggi possibile investire € 700.000,00 sul nostro amato territorio territorio.”

Al bando hanno partecipato 2621 comuni , alcuni singolarmente, altri in unione o convenzione. Il comune di Jenne, consapevole delle sue pontenzialita’ ha concorso da solo, con un proprio progetto molto ben strutturato. La determinazione  dell’ amministrazione nel voler raggiungere l’obiettivo e’ stata fortissima. “Quindi, conclude il primo cittadino – in seguito alle integrazioni presentate, abbiamo potuto scalare la classifica nazionale, collocandoci alla 64^ posizione. Con orgoglio e soddisfazione”. Il primo cittadino ha inoltre espresso un sincero ringraziamento all’ing. Francesco Graziani ed all’Ing. Federica Pistarà per la predisposizione ottimale del progetto.

Soddisfazione è stata espressa anche dal vice sindaco Cristiano Lauri e dall’amministrazione comunale tutta.

 

San Rocco: La Vita e la Storia di un Santo Protettore

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San Rocco è una delle figure più venerate del cristianesimo, noto per la sua dedizione ai malati e ai poveri, e per essere stato invocato come protettore contro la peste. La sua vita, benché avvolta da leggende, rappresenta un esempio di santità e sacrificio che ha ispirato generazioni di fedeli.

Le Origini e la Gioventù

San Rocco nacque a Montpellier, in Francia, intorno al 1348, in una famiglia nobile e benestante. Secondo la tradizione, alla nascita portava sul petto un segno di croce rosso, presagio della sua futura vocazione religiosa. Rimasto orfano in giovane età, Rocco decise di donare i suoi beni ai poveri e di intraprendere un pellegrinaggio verso Roma, con l’intento di dedicare la sua vita a Dio e ai bisognosi.

Il Pellegrinaggio e l’Incontro con la Peste

Durante il suo pellegrinaggio verso Roma, l’Italia fu colpita da una devastante epidemia di peste. Rocco, mosso da un profondo spirito di carità, non esitò a fermarsi nelle città e nei villaggi colpiti dalla malattia per assistere gli ammalati. Si narra che grazie alla sua fede e alle sue preghiere, molti malati guarirono miracolosamente al suo tocco.

Durante il suo soggiorno in Italia, San Rocco contrasse egli stesso la peste. Per non gravare sugli altri, si ritirò in una foresta vicino a Piacenza, dove sopravvisse grazie all’aiuto di un cane che, secondo la leggenda, gli portava ogni giorno un pezzo di pane. Questo cane apparteneva a un nobile della zona, Gottardo Pallastrelli, che, incuriosito dalla misteriosa scomparsa del pane, seguì il cane e scoprì Rocco. Impressionato dalla sua santità, Gottardo lo assistette fino alla guarigione.

Il Ritorno e la Morte

Dopo essere guarito, Rocco riprese il suo pellegrinaggio, ma al suo ritorno a Montpellier, fu arrestato come spia durante un conflitto locale, non essendo stato riconosciuto a causa delle sue condizioni fisiche e del tempo trascorso lontano. Fu imprigionato per cinque anni, durante i quali sopportò la prigionia con grande pazienza e devozione, continuando a pregare e a compiere miracoli.

San Rocco morì in prigione il 16 agosto, intorno al 1376. Solo dopo la sua morte la sua vera identità fu scoperta, e i suoi concittadini lo venerarono come santo.

Il Culto e la Canonizzazione

Il culto di San Rocco si diffuse rapidamente in tutta Europa, soprattutto durante le epidemie di peste. Egli divenne il santo protettore contro la peste e le malattie contagiose, invocato in particolare durante le grandi epidemie che devastarono l’Europa nel Medioevo. Il suo culto fu particolarmente forte in Italia, dove numerose chiese e confraternite furono dedicate al suo nome.

San Rocco non fu mai canonizzato ufficialmente, ma il suo culto fu approvato dalla Chiesa e la sua festa è celebrata il 16 agosto. È spesso raffigurato come un pellegrino, con il bastone, il mantello e una piaga sulla gamba, accompagnato dal fedele cane.

San Rocco è un esempio luminoso di carità e abnegazione, la sua vita è una testimonianza di fede e di amore verso il prossimo. La sua figura continua a ispirare i fedeli di tutto il mondo, soprattutto in tempi di difficoltà e malattia, rappresentando un simbolo di speranza e di protezione divina.

Jenne, prosegue l’ estate in grande stile 2024

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JENNE  – Tanta vita nel bel borgo, perla della Valle Aniene: un susseguirsi di iniziative caratterizza la lunga estate tra musica, spettacolo, tradizioni e tanta, tanta partecipazione popolare. Ogni momento delle giornate estive è caratterizzato da qualcosa: escursioni guidate, spettacolo, convivialità… un mix di emozioni.  Ieri per la festa di San Rocco un trenino itinerante è stata la gioia per grandi e piccini, poi spazio alla tradizione con la cerimonia del “Fiore” di San Rocco quest’anno assegnato al gruppo volontari donatori Sangue coordinato da Cinzia Puliti, Corrado Armeni ed Egidio Pacchiarotti.

Ma poi la banda “Filiberto Massimi” che regala speciali concerti resi ancorpiù suggestivi dal 45mo anniversario dalla sua ricostituzione. In 60 tra attuali e vecchi componenti hanno regalato forti emozioni al borgo. E dopo i gemellaggi con Montegalda e Valsolda… Adventure Day, marcia della transumanza, Jenne nel cuore, concerti d’organo, la Ruzzica, la storia del jukebox, l’Inchinata ed oggi la fiera tradizionale di merci e bestiame, la passeggiata Jenne – Canai -Volubro Nuovo – Jenne, e la deposizione al Monumento della corona per i caduti di tutte le guerre. E ieri pomeriggio il sindaco Giorgio Pacchiarotti nel tradizionale discorso svoltosi nell’area antistante il comune di Jenne ha tracciato un quadro esaustivo e a dir poco interessante delle attività intraprese dall’amministrazione: risultati raggiunti, altri da completare con tanta determinazione per un piccolo borgo che fà le cose in grande.

Momento di ricordo per quanti sono andati avanti con Santa Messa al Cimitero per i defunti, poi torneo di briscola e tresette e questa sera grande concerto musicale “I figli delle stelle” a seguire uno spettacolo pirotecnico d’eccellenza. Domani domenica 18 agosto la Tombobanda  con i Mercanti di Note, e poi Lunedì 19 agosto spettacolo, così come martedi 20, mercoledì 21, giovedì 22  e per arrivare al 23 agosto con la festa della Montagna… e l’estate non finisce poi ad agosto: il 31 XI edizione del premio Antonio Fogazzaro, la festa dei donatori di sangue, e poi l’arrivo di settembre con le pizze alla padella e tante altre iniziative tutte da vivere… come il 14 con il Ballo della Pantasema… prosegue dunque l’estate a Jenne… in vero grande stile!

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A Jenne celebrata la festa del fiume Aniene tra Volteggi ed effimere d’agosto

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JENNE – Prosegue l’estate jennese in grande stile. Due appuntamenti hanno visto protagonisti i più piccoli: il 12 agosto con “Volteggi ed effimere di agosto”, un primo approccio formativo sull’utilizzo della canna da pesca. Entusiasti i partecipanti che poi il giorno dopo hanno potuto sperimentare le loro lezioni con la pratica direttamente sul fiume Aniene. Un luogo incontaminato della natura, piedini all’acqua , canne da pesca e tanta voglia di stare insieme. Il primo lancio di pesca è stato affidato al primo cittadino Giorgio Pacchiarotti, testimonial d’eccellenza. E poi una giornata trascorsa tutti insieme con l’allestimento di una  bella tavolata al fresco con il pesce pescato, fritto e mangiato. :-).

L’estate prosegue ora con:

la tradizionale processione dell’Inchinata oggi 14 agosto 2024 alle ore 18.00, domani 15 agosto alle ore 19.00 la tradizionale processione di San Rocco, e poi il 16 Festa di San Rocco con celebrazione liturgica animata dall’Armonia Corale Piana del Cavaliere ed in serata concerto con Asia Live Tribute Band.

Non mancheranno momenti di animazione della Banda Filiberto Massimi con concerto il giorno 16 alle ore 12.00 ed animazione della Santa Messa delle 11 nel giorno dell’Assunta (15 agosto)

 

Il consigliere Michelangelo Di Felice in azione a Volteggi ed effimere d’agosto

Successo a Jenne per il concerto d’organo del maestro Gianluca Libertini

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JENNE – Scaletta d’eccezione ieri a Jenne per il concerto del Maestro Gianluca Libertini che ha incantato il pubblico presente nella Chiesa di Sant’Andrea apostolo in Jenne ieri alle  ore 18.30.

Gianluca Libertucci è organi ta del Vicariato per la Città del Vaticano nella basilica di San Pietro, della guardia Svizzera pontificia e delle udienze generali pontefice della Chiesa di Santa Maria dell’orto in Trastevere e titolare della carta e tardi organo e composizione urbanistica presso il conservatorio orefice di Frosinone . Ha conseguito i diplomi di organo sotto la guida di Luigi Celeghin, nonchè  di musica corale direzione di coro e strumentazione .Ha seguito corsi di perfezionamento in organo tenuti in  Siena e svolge una intensa attività concertistica nell’ambito dei maggiori festival nazionali ed internazionali.  Collabora da sempre  con diverse istituzioni lirico-sinfoniche e  nel 2008 è stato presidente della commissione per il primo concorso internazionale d’organo di Mosca. E’ spesso invitato ad essere qualificato ed autorevole compontente la giuria di premi internazionali. E la sera prima cena conviviale in piazza Vittorio Emanuele III all’insegna di  Jenne nel cuore edizione 2024.

Soddisfazione è stata espressa dall’Amministrazione comunale che ringrazia tutti per la fattiva collaborazione.

A Jenne gran serata con la storia del Jukebox!

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JENNE – L’appuntamento con una serata esilarante è per il 12 agosto 2024 in piazza Vittorio Emanuele, con Easypop, la storia del Jukebox che ha affascinato tante generazioni. L’organizzazione è curata dalla Pro Loco, e tra musica e convivialità, tutti sono invitati a partecipare.

LA STORIA DEL JUKEBOX

Il jukebox è un apparecchio musicale che ha segnato profondamente la cultura popolare, specialmente negli Stati Uniti, dove è diventato un simbolo di intrattenimento pubblico. La sua storia inizia alla fine del XIX secolo, quando nel 1889 Louis Glass e William S. Arnold crearono un dispositivo fonografico che funzionava con monete, noto come *Coin Actuated Attachment for Phonograph*[1].

## Origini e Sviluppo

Il termine “jukebox” è emerso negli anni ’30, derivando da “juke-joint”, che indicava bar e locali dove si ballava. I primi jukebox erano semplici scatole di legno che utilizzavano leve meccaniche per selezionare i dischi. Con l’avvento della Grande Depressione e il successivo boom economico, aziende come Wurlitzer, Seeburg e Rock-Ola iniziarono a competere nel mercato, introducendo modelli sempre più sofisticati e attraenti[1][2][3].

Nel 1927, la Ami presentò il primo vero jukebox, che si distinse per la sua capacità di riprodurre musica in modo automatico. Tuttavia, fu la Wurlitzer a guadagnare notorietà con il lancio del suo primo modello nel 1933. Questo periodo vide anche la diffusione dei dischi a 45 giri, che contribuirono al successo dei jukebox nel dopoguerra, rendendoli ancora più popolari nei bar e nei locali di intrattenimento[1][4][5].

L’Età d’Oro

Negli anni ’50, il jukebox divenne un’icona della cultura americana, rappresentando un modo per ascoltare musica in pubblico e ballare. Era comune vedere giovani coppie divertirsi attorno a questi apparecchi, che non solo riproducevano musica, ma creavano anche un’atmosfera sociale[2]. I jukebox erano spesso decorati con luci colorate e design accattivanti, diventando veri e propri oggetti di design e simboli di un’epoca[2][3].

## Declino e Ritorno

Con l’avvento della musica digitale e dei lettori MP3, l’uso dei jukebox è diminuito negli anni ’80 e ’90. Tuttavia, negli ultimi anni, c’è stata una rinascita dell’interesse per i jukebox vintage, grazie al loro fascino nostalgico e alla loro capacità di evocare atmosfere del passato. Oggi, molti ristoranti e bar li utilizzano per ricreare un’atmosfera retrò, e ci sono anche collezionisti che cercano modelli restaurati[2][3].

In sintesi, il jukebox ha attraversato diverse fasi, dall’invenzione e diffusione nei locali pubblici, al suo apice negli anni ’50, fino a un periodo di declino e successiva rinascita come oggetto di design e simbolo di nostalgia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alessandro IV, la storia del Papa nato a Jenne…

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Alessandro IV,  al secolo Rinaldo, era figlio di Filippo, feudatario di Jenne, nacque negli ultimi anni del sec. XII presumibilmente nel 1199. Era membro di una delle più ricche e potenti famiglie della regione, nonchè legato da parentela con Ugolino, Cardinale vescovo di Ostia e poi papa Gregorio IX.  Fu il 181° Papa della Chiesa cattolica.

Per lunghi anni fu canonico del duomo di Anagni e nel 1221 venne inviato a Milano per mediare un grave conflitto sorto tra il podestà milanese Amizzone Sacco e l’arcivescovo Enrico. Fallito il suo tentativo di conciliazione, Rinaldo rimase con Ugolino sino alla conclusione della legazione. Divenuto papa Ugolino, col nome di Gregorio IX, il 19 marzo 1227, Rinaldo, che, come sembra, rivestiva già la carica di camerario della Chiesa, venne nominato il 18 sett. 1227 cardinale diacono di S. Eustachio, rimanendo, però, sempre accanto al papa, anche in conseguenza della sua attività di camerario.

Eletto cardinale vescovo di Ostia verso il 1231-32, entrò in possesso della diocesi solo quattro anni dopo, continuando a conservare la diaconia di S. Eustachio e la carica di camerario.

Nel luglio 1231 riuscì a riportare la pace tra nobili e popolò in Anagni; l’anno successivo intervenne, a nome del papa, a Perugia e poi a Viterbo per la soluzione di controversi problemi locali; a questi stessi anni sembra doversi riportare la. conoscenza dell’imperatore Federico Il, con il quale intrattenne a lungo rapporti amichevoli. Per ciò nel 1237 Rinaldo fu inviato, insieme con Tommaso, cardinale prete del titolo di S. Sabina, come legato in Lombardia per tentare una pace tra la seconda lega lombarda e l’imperatore.

Giunto a Mantova il 19 giugno, Rinaldo non tardò a rendersi conto della difficoltà di mettere d’accordo i Comuni italiani tra loro e, insieme, di trovare il modo di rappacificarli con Federico Il; ma ogni suo tentativo di mediazione fu troncato dalla battaglia di Cortenuova, vittoriosa per l’imperatore. Peggiorarono poi anche le relazioni con il pontefice in seguito alle operazioni militari, iniziate con l’autunno del 1239 da re Enzo e da altri capitani imperiali ai confini del Patrimonio e nel ducato di Spoleto.

Morto nel 1241 Gregorio IX, Rinaldo non ebbe grande influenza in Curia sotto i suoi successori, Celestino IV (che ebbe un breve governo) e Innocenzo IV, come si ricava dagli incarichi poco importanti a lui affidati; inoltre, quando Innocenzo si recò in Francia per trovare consensi contro Federico, Rinaldo rimase a Roma, donde non si mosse neppure per recarsi al concilio di Lione del 1245, al quale era stato espressamente chiamato. Né aumentò la sua attività negli anni successivi: si preoccupò, piuttosto, dei problemi organizzativi ed interni dell’Ordine francescano, di cui era cardinale protettore.

Il 7 dic. 1254, quando Innocenzo IV morì a Napoli, Rinaldo era con lui e con tutti gli altri cardinali, che dalle circostanze (il podestà di Napoli, Bertolino Tavernari, aveva chiuso le porte della città) furono costretti a riunirsi in conclave e a procedere subito all’elezione del nuovo pontefice. L’eletto fu appunto Rinaldo (12 dic. 1254), che assunse il nome di Alessandro IV, forse in ricordo di Alessandro III, a cui la sua famiglia doveva i feudi.

L’elezione fu dominata dal problema del Regno di Sicilia, ove le incertezze e le perplessità causate dalia politica di Corrado IV erano state ancor più aggravate dalla sua prematura morte a Lavello, il 21 maggio 1254, e dall’importanza che andava sempre più assumendo Manfredi, specialmente quando, dopo la designazione a re di Sicilia di Ed-mondo d’Inghilterra, aveva preso le armi contro l’esercito pontificio, entrato nel Regno, battendolo a Foggia il 2 dicembre. Il compromesso per cui i cardinali avevano elettò Rinaldo indicava la speranza in una politicà, che, pur continuando con fermezza e chiarezza d’idee quella di Gregorio IX, non rendesse impossibile la riconciliazione con gli Svevi, come si poteva prevedere dalla favorevole disposizione che Rinaldo aveva mantenuto verso Federico e i suoi successori.

Appena dopo la sua elezione e la sua consacrazione, il 20 dicembre, ancora a Napoli, A. dové affrontare il problema siciliano, con cui era comiesso quello, assai spinoso, della tutela di Corradino, che era stata affidata da Corrado alla Curia romana: di fronte alle difficoltà e alle esitazioni frapposte da parte di Manfredi al papa, questi non esitò a riprendere la sua libertà d’azione rifiutando la tutela di Corradino, negando qualsiasi riconoscimento a Manfredi e confermando poi, il 9 apr. 1255, l’investitura di Edmondo d’Inghilterra a re di Sicilia. Era la guerra aperta con Manfredi: A. fu, perciò, costretto a lasciare Napoli nel maggio, per trovare rifugio ad Anagni, mentre nel Regno restava a difendere i diritti della Chiesa l’energico cardinale Ottaviano degli Ubaldini.

A Roma, nel periodo storico in esame, la situazione si presentava difficile: dall’agosto del 1252, dopo un rivolgimento politico analogo a quello che in altre città aveva portato alla nomina di un podestà o di un capitano del popolo, vi era senatore il bolognese Brancaleone degli Andalò, conte di Casalecchio, che aveva imposto come sua condizione per la venuta a Roma una durata triennale della sua carica e la consegna di alcuni ostaggi nelle mani dei suoi familiari bolognesi, a salvaguardia della propria incolumità personale. Queste precauzioni, come la sua riconosciuta imparzialità di giudice, la sua abilità di politico e di organizzatore cittadino, non riuscirono a impedire la formazione d’un forte malcontento contro di lui, che esplose nel novembre del 1255 e avrebbe forse avuto una drammatica conclusione, se la presenza degli ostaggi a Bologna non avesse bloccato ogni tentativo di violenza contro l’Andalò.

Alessandro, rientrato in Roma almeno dal 21 novembre, cercò vanamente d’intervenire a Bologna, perla restituzione degli ostaggi; nè riuscì a ottenere tranquillità in Roma, benché fosse stato chiamato come senatore il bresciano Emanuele de’ Maggi. I tumulti continuarono e il papa, incapace di sedarli, fu costretto a fuggire a Viterbo quando i Romani, nel maggio del 1257, scacciarono il Maggi e richiamarono Brancaleone, eleggendolo senatore, e senza limiti di tempo.

Alessandro si trovava intanto ancora una volta di fronte a una situazione assai preoccupante nell’Italia meridionale, dove Ottaviano degli Ubaldini non era riuscito a contenere efficacemente l’azione di Manfredi, che, nominato baiulo del Regno per il nipote Corradino, era riuscito ad assumere il controllo del potere. A. dové, quindi, assistere, senza nessuna possibilità d’intervenire efficacemente, allo stabilirsi dell’alleanza di Manfredi con Genova e Venezia, e all’abile manovra, con cui Manfredi, spargendo ad arte la notizia della morte del pupillo e nipote Corradino, riuscì a farsi incoronare re di Sicilia nel duomo di Palermo l’11 ag. 1258, senza preoccuparsi affatto di richiedere neppure il benestare del pontefice. Di fronte a questo gesto, che, trascurando l’alta sovranità del papato sul Mezzogiorno d’Italia, metteva in pericolo le basi della politica pontificia verso il Regno di Sicilia e l’Italia tutta, A., che fino a quel momento aveva esitato e mostrato perplessità nei riguardi di Manfredi, agi con ogni decisione, lanciando, il 10 apr. 1259, la scomunica contro di lui e tutti i suoi sostenitori. Dovette, però, ben presto accorgersi che la questione del Regno si allargava a questione italiana, perché intorno al re svevo s’adunavano tutti i ghibellini dell’Italia centrale, per attaccare Firenze, la roccaforte guelfa, che fu gravemente battuta a Montaperti il 4 sett. 1260. Il papa, che nulla aveva potuto fare per aiutare Firenze, dovette limitarsi a lanciare, il 18 nov. 1260, un’altra solenne scomunica, che includeva questa volta, oltre a Manfredi, anche i Senesi e tutti coloro che avevano militato fra i ghibellini.

Alla crescente fortuna di Manfredi aveva finito con l’aderire anche Branca-leone degli Andalò fino alla sua morte nel 1258; e nulla A. aveva potuto fare. Anzi, quando il papa, morto Brancaleone, cercò d’impedire l’elezione d’un altro senatore, ebbe l’affronto non solo di veder trascurata la sua ingiunzione, ma addirittura di saper rieletto lo zio stesso di Brancaleone, Castellano degli Andalò. Riuscì, tuttavia, a prendere il controllo della situazione pochi mesi dopo, quando, espulso Castellano, dopo molte e meschine vicende, il papa, con la nobiltà romana, riuscì a dare un nuovo indirizzo alla carica senatoriale, che fu affidata a due senatori, scelti fra i nobili. Contemporaneamente bloccava tre tentativi d’inserirsi nella situazione locale romana, per profittarne, compiuti da Alfonso di Castiglia, Riccardo di Cornovaglia e Manfredi, giudicati tutti, per motivi diversi, pericolosi per l’autonomia di Roma e per la sicurezza della Chiesa.

Ancor più grave si era andata facendo per Alessandro,  la situazione dell’Italia settentrionale e dell’Impero. Nel Veneto, infatti, estendeva sempre più il suo potere Ezzelino da Romano, che, facendosi beffe delle scomuniche papali, andava organizzando il suo stato da Trento al Po ed al mare, spezzando le resistenze delle città guelfe, come Padova e Vicenza, grazie all’appoggio del fratello e del marchese Oberto Pelavicino. Nè molto A. contribuì al formarsi di quel fronte di città e di signori feudali, che, nel timore dell’eccessiva potenza d’Ezzelino, si collegarono per combatterlo e riuscirono infine a sconfiggerlo a Soncino nel 1259.

In realtà, di fronte a situazioni così complesse, A. non ebbe nè l’energia coraggiosa dei suoi predecessori nè l’accorta abilità politica del suo successore, facendosi trascinare dagli eventi, più che dominarli. È in questo senso caratteristico l’atteggiamento di A. di fronte al problema dell’impero dopo la morte, nel 1256, di Guglielmo d’Olanda. Se riuscì a resistere, come s’è visto, ai tentativi dei tre pretendenti all’impero Riccardo di Cornovaglia, Alfonso di Castiglia e Manfredi, quando questi avevano tentato d’inserirsi nella scottante situazione di Roma, A. non seppe decidersi, escluso subito e nettamente Manfredi, fra Alfonso e Riccardo; anzi, più propenso al primo, nulla seppe fare per appoggiarlo, sì che questi si rivolse, per aiuto in Italia settentrionale ed in Germania, a Ezzelino da Romano.

Mentre in questa attività politica, troppo spesso, non sapendosi decidere, si lasciò guidare dalle citcostanze o dalle personalità più influenti della Curia, A. ha avuto, invece, notevole rilievo nella vita religiosa della cristianità. Si preoccupò di attirami l’attenzione e la benevolenza del clero orientale, regolando equamente irapporti tra Latini e Greci a Cipro, conferendo il titolo di patriarca (maronita) d’Antiochia al capo dei maroniti, che aveva riconosciuto la supremazia del pontefice, e facendo ancora un tentativo, ma vano, presso Teodoro IV Lascaris per l’unione tra la Chiesa latina e quella greca, cercando, infine, di organizzare intprno a Béla IV, re d’Ungheria, una resistenza di tutta la Cristianità contro il pericolo tataro.

Ancora più importanti le decisioni riguardanti direttamente la vita della Chiesa, ove cercò di eliminare alcuni abusi introdottisi durante i pontificati precedenti, prescrivendo fra l’altro un termine preciso di sei mesi per il ricevimento della consacrazione da parte del vescovo eletto e ribadendo l’obbligo della visita do ad limina da parte dei vescovi.

Quanto agli Ordini religiosi, va di lui ricordata specialmente la cosiddetta “grande unione” dei vari gruppi di eremiti retti dalla regola di s. Agostino nell’unico Ordine degli eremitani di s. Agostino (bolla Licet ecclesiae del 9 apr. 1256) e, ancor più, l’appoggio da lui dato, senza riserve, ai frati predicatori e ai Minori. Malgrado le lagnanze accompagnate spesso da tumulti, che da molte parti si levavano contro l’attività di cura d’anime dei due Ordini mendicanti, all’opera dei quali erano stai.e poste delle limitazioni da Innocenzo IV (bolla Etsi animarum del 20 nov. 1254), A. annullò la bolla Etsi animarum con la sua Nec insolitum del 22 dic. 1254. Si preoccupò poi anche di rassicurarli, specialmente per quanto riguardava la spinosa questione delle due cattedre di teologia all’università di Parigi.

Partendo da considerazioni di ordine esca-a tologico Guglielmo di Saint-Amour nel suo De periculis novissimorum temporum aveva, nel 1255, rivolto gravi accuse a francescani e domenicani, contestando loro il diritto d’insegnare a Parigi e ribadendo le accuse di scarsa ortodossia, già messe in circolazione dopo la condanna dell’Introductorium in Evangelium aeternum di Gerardo di Borgo S. Donnino. Il papa, come aveva condannato l’Introductoriwn,cosi sottopose l’opera di Guglielmo ad un vero e proprio esame teologico, dopo il quale la condannò nella bolla Romanus pontifex del 5 ott. 1256.

Alessandro Iv, troncando ogni contrasto tra maestri mendicanti e maestri secolari e prescindendo dagli esami teologici delle opere di Gerardo di Borgo S. Donnino e di Guglielmo di Saint-Amour, confermò ogni diritto dei mendicanti nell’università con la bolla Quasi lignum vitae del 14 apr. 1255, che, di fatto, poneva termine per sempre alla questione, anche se si prolungarono le discussioni e le polemiche.

Ebbe cari particolarmente i frati minori, sia per tradizione familiare (si ricordi l’amicizia di Ugolino di Ostia per s. Francesco), sia per la carica da lui rivestita di cardinale protettore: si preoccupò, quindi, di assicurare la pace interna dell’Ordine, già diviso dai contrasti tra Spirituali e Comunità, e a tal fine consigliò le dimissioni di Giovanni da Parma e l’elezione di Bonaventura da Bagnoregio nel capitolo di Roma del 2 febbr. 1257.

Sotto il suo pontificato fu canonizzata Chiara d’Assisi.

In tutta questa sua attività religiosa, fu guidato da una severa e netta coscienza del suo dovere di pontefice, come si ricava anche dalla sua attività in difesa dell’ortodossia e nei riguardi dei movimenti religiosi del suo tempo. Oltre alla condanna di Gerardo di Borgo S. Donnino e di Guglielmo di Saint-Amour, è da ricordare anche quella di molte tesi di Gioacchino da Fiore menzionate nel cosiddetto protocollo d’Anagni. Appoggiò e sostenne l’opera degli inquisitori; vide, ma senza reazioni a noi note, nel 1260, il sorgere e il diffondersi del moto dei flagellanti.

Ancora nel pieno di questa sua attività politica e religiosa, morì a Viterbo il 25 maggio 1261, ma restà tutto intero il mistero relativo alla sua tomba, tuttora irrisolto.

 

Fonti e Bibl.: Treccani e da:  Les régistres d’Alexandre IV,a cura di C. Bourel de la Roncière, I. de Loye, P. de Cenival, A. Coulon, Paris 1902-1959. Degna di nota è sempre la monografia di F. Tenckhoff, Papst Alexander IV.,Paderborn 1907, con ampia bibliografia, a cui vanno aggiunti E. Jordan, Les origines de la domin. angevine en Italie,Paris 1909, cfr. Indice;R. Morghen, Il tramonto della potenza sveva in Italia,Roma 1942, cfr. Indice;J. Haller, Das Papsttum,IV, Stuttgart 1952, pp. 272-291, 442-447; per la famiglia e per i rapporti di parentela con Gregorio IX valgono sempre le conclusioni di R. Morghen, Le relazioni del monastero sublacense col papato, la feudalità e il comune nell’alto medio evo,in Arch. d. R. Soc. romana di storia patria,LI (1928), pp. 239-241, 258-262, e di G. Marchetti Longhi, Ricerche sulla famiglia di papa Gregorio IX, ibid.,LXVII (1944), p. 282; per la sua attività al seguito di Ugolino di Ostia nell’Italia settentrionale v.: Registri dei cardinali Ugolino d’Ostia e Ottaviano degli Ubaldini,a cura di G. Levi, Roma 1890, in Fonti Per la storia d’italia,VIII, cfr. Indice,e Storia di Milano,IV, Milano 1954,pp. 202 s.; per i rapporti tra A. e Roma si veda in particolare E. Dupré Theseider, Roma dal comune di popolo alla signoria pontificia,Bologna 1952, pp. 34-86; per l’atteggiamento di A. nella controversia all’università di Parigi uno sguardo complessivo in D.L. Douie, The Conflict between the Seculars and the Mendicants at the University of Paris in the XIIIth Century,London 1954; Dict. d’Hist. et de Géogr. Ecclés.,II, coll. 214-216; Enc. Ital.,II, pp. 341 s.